LA VITA SPEZZATA: LA PROPOSTA DI GESÙ SUL SENSO DELLA SOFFERENZA

di Rosita Sartori (pubblicato su Area3)

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Nei mesi scorsi siamo stati tutti coinvolti emotivamente dalla scomparsa così inaspettata e drammatica della giovane ragazza di Monticello di Fara. Alla domanda sul perché avvengano fatti così dolorosi e inspiegabili non c’è risposta o parola che sia in grado di portare consolazione o di diminuire lo sgomento che tutti proviamo.
Il tema del dolore umano è un argomento complesso da trattare, soprattutto quando lo si affronta dal punto di vista della sua “dimensione soggettiva”, ossia di quel fattore personale, racchiuso nel concreto e irripetibile interno dell’uomo, per cui sembra quasi ineffabile e incomunicabile. Come afferma Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Salvifici Doloris, cercare di comprendere la dimensione soggettiva della sofferenza vuol dire “comprendere l’atteggiamento da assumere di fronte ad essa quando si è personalmente coinvolti: quando – vale a dire- l’uomo è “dentro” quell’esperienza, o a titolo personale, o per un umano ed evangelico coinvolgimento di “compassione”. L’approccio al tema del dolore, da questa prospettiva, tocca il mistero dell’uomo e anche quello di Dio. Alla domanda sul “perché”, che ognuno di noi si fa nella sofferenza, tuttavia diverse sono le reazioni psicologiche nei confronti dell’esperienza vissuta. La Salvifici Doloris infatti ci parla di come la sofferenza abbia un carattere “attivo” e un carattere “passivo”: l’attività di dolore, di tristezza, di delusione, di abbattimento, o addirittura, di disperazione risulta essere molteplice e soggettivamente differenziata a seconda sia dell’intensità della sofferenza sia della struttura del soggetto e della sua sensibilità. Potremmo dire dunque che l’umano soffrire presenta alcune caratteristiche specifiche: “l’aspetto personale”, il fatto che ognuno patisce in modo differente, l’incomunicabilità, direttamente collegata alla precedente, e la globalità, ossia il coinvolgimento inevitabile nell’esperienza dolorosa della totalità della persona (dimensione organica, psichica e spirituale). Gesù stesso non nega il dolore ma sa che esso è un dato di fatto, un fenomeno che riguarda tutti gli uomini trasversalmente e che è parte della vita. Per questo la domanda di senso su questo mistero va ricercata nella dimensione della fede. Lui cambia radicalmente la prospettiva di approccio al dolore facendoci passare dalla domanda sul che cosa ha originato la disgrazia al come trasformarla, affrontandola in modo nuovo, accogliendola e vivendola nella fiducia in Dio e nella dedizione, come la croce di Gesù.
San Paolo ci aiuta a capire cosa Gesù intende quando ci dice che la morte e la sofferenza , che sembrano i segni dell’abbandono di Dio (dov’era Dio ?), possono trasformarsi, per chi vuole credere, in un luogo nel quale si manifesta la potenza di Dio.
L’apostolo afferma che anche nel dolore può aprirsi lo spazio della gioia, ma a tre condizioni: che la sofferenza sia vissuta nell’orizzonte della speranza, che si configuri come profonda condivisione della Croce di Cristo, al punto da “ completare nella mia carne i suoi patimenti”, trasformando la Croce da evento del passato ad una presenza viva di oggi; e infine che si trasformi la sofferenza in dedizione, offrendola a Dio e ai fratelli.
Questo vuole essere il mio augurio e incoraggiamento per noi tutti e per i familiari della giovane di Monticello di Fara.

Rosita Sartori