LA VIA DELLA SAPIENZA

di Rosita Sartori (pubblicato su Area3 APRILE 2018)

Cari lettori,
questa volta desidero condividere con voi quello che è il mio modo di “guardare” il dono che è la vita e di conseguenza di viverla. Già Platone e Aristotele si espressero chiaramente in merito all’approccio che l’uomo saggio dovrebbe avere nei confronti della vita. Il primo infatti, nel Teeteto (155 d), scrisse: “È proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia, né altro cominciamento ha il filosofare che questo”; il secondo poi nella sua Metafisica (I, 2, 982 b 12-13) confermò il medesimo concetto: “Gli uomini, sia ora sia in principio, cominciarono a filosofare a causa della meraviglia”. È proprio questo l’atteggiamento che mi interessa approfondire e che troppo spesso manca nella nostra quotidianità. È interessante fermarsi un attimo sull’etimologia della parola di origine greca “thauma” (cfr. verbo thaumazein) che traduciamo grossolanamente con meraviglia. In realtà la parola greca indica non solo quell’atteggiamento umano e filosofico di fermarsi per lo stupore di fronte alla pluralità di significati dell’essere, quell’atteggiamento di curiosità che ci porta a pensare a ciò che va oltre l’immediato chiedendoci il perché dell’accadere delle cose. Il termine “thauma”, infatti, indica anche e in primis lo sgomento, l’orrore provato dinanzi a uno spettacolo angosciante, la paura, il timore che nasce dalla presa visione del divenire inesorabile del mondo e quindi, della consapevolezza che ne deriva, che tutto nasce e muore e quindi diviene. I filosofi avevano capito che innanzitutto la cosa fondamentale da fare di fronte a questo divenire, di fronte alla vita e ai suoi eventi è l’arrestarsi, il fermarsi e il prendere coscienza che, come diceva Socrate, “so di non sapere” e quindi cerco delle risposte che vanno oltre a quello che mi propina il senso comune o l’apparenza. Faccio mie le parole di Seneca nelle sue Lettere a Lucilio (15) dove si dice: “Perciò, se vorrai stare bene, cura soprattutto la salute dell’anima, e poi quella del corpo, la quale non ti costerà molto.” Non per sminuire il corpo, importantissimo in quanto “tempio dello Spirito Santo”, calcolando che noi siamo stati creati, si dice, “ad immagine e somiglianza di Dio”, ma per dire che il corpo “prende vita”, in senso spirituale, quando è animato dal “pneuma” che non è solo il soffio vitale inteso come respiro ma anche e soprattutto ciò che permette di essere vivi nell’essenza del nostro essere. “Dissetare l’anima” è un bisogno a cui l’uomo non può rinunciare, pena la sua morte interiore. La fretta e il pensare di bastare a se stessi di certo non aiutano. Decidere invece, nella quotidianità, di fare spazio e dedicare tempo a questa dimensione più profonda di noi, vuol dire aprirsi alla meraviglia e ad un atteggiamento di ricerca. Credo che in fondo questa sia la via per la sapienza, la strada che anche nelle situazioni di calvario, di sofferenza, dove non sembra esserci luce, senso, via d’uscita, ci fa fermare e trovare un’altra prospettiva, un’altra visione del mondo.